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I Laghi di Plitvice
Il primo giorno precipita sempre nello stesso punto quella rapida che arriva all’incontro del fiume bianco col fiume nero e più ci pensiamo pronti e gli occhi scaltri più gli aggettivi o bastano allo stupore: il verde spinge al delirio le pupille le spinge dentro i torrenti lacrimanti accanto ai piedi nell’oscurità acheropita degli antri in sequenza e nelle spelonche verticali scolpite come da una mano capace di tutto.
Pure da qui sarà passato Giuda e se non proprio quello dalle labbra ardenti un Giuda qualunque si sarà perso in questo reticolato mistero del rimorso. I Laghi cascano nei laghi come fruste sui rami cedevoli scorrono in altre acque e piovono così eterni perfettamente indenni.
VI Šibenik
Ogni cosa come noi viene da altrove: le colonne le sfingi le croci le banconote nelle tasche, le bifore e il leone i campanili conficcati come picche in attesa di teste il furore di maestranze impiegate come fari da falene e Venezia in filigrana.
Si allontanano sui barconi nell’acqua che scricchiola poiché il nemico ottomano è perduto coi suoi macellai dietro i baffoni spezzati e nel fondo scolora Šibenik sulla malta silenziosa. È come se facessero finta di niente come se continuamente dovessero cancellare o fare esistere all’istante forse un grido senza provenienza o forse un oggetto che è stato arma.
Non si vedono le piattaforme al largo la melma contaminata attorno e non c’è eco di trivelle o scarichi di fabbriche a schiumare solo natanti troppo rasenti e una panormaica di scogli e banchine.
[da Quaderno croato, Vanni Schiavoni, Fallone Editore]
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